Prologo en italiano
Conta una leggenda narrata da Valerio Petérculo nell’Epitome di Tito Livio e ricordata da Appiano che quando i romani cercarono di conquistare la mia terra, Galizia, li fermò un fiume, il fiume della Dimenticanza o Lete, confine del mondo, che attualmente si chiama Limia, e sulle cui rive si celebra ancora oggigiorno la festa della Dimenticanza. Nessuno dei legionari osava attraversarlo perché dopo chi lo faceva non ricordava niente, né le sue origini né la famiglia, e rimaneva a vivere con gli aborigeni, questione che devo confessare non risulta strana se si tiene in conto la qualità delle ostriche, i frutti di mare e la quantità di bagni termali per le quali si caratterizzano quei paraggi. Ma un giorno, Decio Giuno Bruto, proconsole della Spagna Ulteriore, l'attraversò e cominciò a chiamare tutti i soldati con il loro nome e, questi, vedendo che la memoria non gli cedeva, rotto già lo scongiuro della leggenda, decisero di seguirlo, momento nel quale la Galizia passò a fare parte dell'Impero romano. Molti secoli sono trascorsi da allora e molto è cambiato il mondo. Oggi, io sono un galiziano, che tenta di conquistare Roma e così lasciarsi dietro il fiume della dimenticanza letteraria ed abitare la memoria del tempo. Vengo senza altre armi che la mia voce e la mia poesia e vi garantisco che, come Decio Giuno, ricorderò ognuno dei nomi delle persone che vogliano sommarsi all'evento, appoggiandomi, o contribuendo a fare diventare questo realtà e più ancora se decidono, via web o attraverso gli alvei stabiliti in essa, comprare alcuno dei miei libri o quello di altri autori da me pubblicati e contribuire così a ridurre i rigori dell'inverno economico che disgraziatamente suole dignificare la condizione del poeta ed al quale non sono alieno: www.eltallerdelpoeta.com La poesia è per me un modo di vita. Mi alzo di mattina ed infiammo il poema della luce tirando su la persiana. Apro il verso dell'acqua calda, lo mescolo con quello della fredda perché non mi si bruci l'anima e godo le metafore aromatiche del gel mentre mi lavo. Faccio colazione con la sineresi di una tazza di mate ed un paio di “madeleines” ed affronto lo schermo in bianco del computer. Alcuni giorni si infiltra una favola nel mio ufficio nella voce di qualche poeta amico che mi viene a visitare o qualche aforisma di passaggio verso le pagine di un libro edito dalla mia casa editrice. A mezzogiorno cucino e pranzo alcuni funghi allo stile Martin Fierro o mi diletto recitando col palato alcuni sospiri di suora fino a non lasciare neppure una strofa nel piatto. Quasi tutto è poesia. Ogni tanto mi distraggo, guardo dalla finestra e la mia mente scrive un'ode alla sconosciuta che passa davanti all'ufficio e della quale mi innamoro e disinnamoro furtivamente alla velocità del pensiero. Nella mia condizione di editore, mi arrivano parole da tutti gli angoli del mondo. Si avvicinano riservate, nascoste nell'archivio allegato di qualche e-mail e, improvvisamente, si spiegano davanti a me e mi colpiscono la testa o affondano come radici nel cuore. Alla fine del giorno le lettere ballano in mulinello in ognuno dei miei neuroni ma mi rimane ancora tempo per aprire la copertina di un libro di poesie e condividerlo col cuscino prima di scrivere un sonetto sulla lavagna dei sogni che, per quel motivo, rimarrà sempre inedito. Alcuni allegati tra quelli che ricevo sono crisalidi che si trasformano nella farfalla di un libro e volano e percorrono di occhio in occhio tutto il mondo. Altri, al contrario, soffrono il terribile "delete" che li condanna all'esilio, lontano dalla carta e della rilegatrice, o al supplizio di sopravvivere nel mondo virtuale tra tonnellate di versi anodini. La minoranza, come se fossero bruchi, si perde nascosta nel fogliame di una posta elettronica eccessivamente satura di missive disperate alla ricerca del miracolo della pubblicazione. Così è il mio divenire, un miscuglio di poeta che cerca di rivelare piccoli pezzi di infinito nella fotografia dei suoi poemi, e di concretizzatore di sogni, quelli di coloro che scrivono ed aspirano a vedere pubblicate anche quelle piccole particelle astrali del loro io interiore e che in virtù della carta e dell'inchiostro si moltiplicano fino a disegnare la mappa del territorio poetico. In Vademecum combino poesie di ultimo raccolto con altre selezionate che, per una o altra ragione, si sono convertite in emblematiche all’interno della mia opera. Alcune sono lunghe ed altre brevi, alcune più larghe ed altre più strette, quelle di qui più alte e quelle di là più basse. In realtà, ce ne sono di tutti i colori, perché la diversità è uno dei tratti che mi caratterizza e perché mi piace scrivere in tutti i registri, benché prevalga quasi sempre la sfumatura lirica. È un libro edito specificamente per questa presentazione nel Campidoglio di Roma, in questo posto le cui scale, come mi ha detto più di un poeta, conducono al tempio della poesia e che è uno dei posti più emblematici a livello culturale dell'Italia. Io non so se tutte le strade portano a Roma, come dice il proverbio, ma il mio - non v’è dubbio - l'aveva incluso nella mappa.
Fernando Luis Pérez Poza
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